Saper comunicare in modo efficace costituisce una dote imprescindibile per chi vuole ricoprire posizioni di leadership. Tuttavia, troppo spesso ci si dimentica che saper comunicare non significa solamente saper parlare. C’è infatti anche l’altro lato della medaglia: l’ascolto.
D’altronde, in un mondo come quello di oggi, sempre più caratterizzato dall’alta prestazione e dal multi-tasking, chi ricopre posizioni di leadership ha sempre meno tempo per ascoltare colleghi e sottoposti.
Da un ascolto superficiale e disattento sorgono però incidenti relazionali e decisionali che sottraggono energie preziose, oltre che rovinare i rapporti all’interno del team.
A riprova di ciò, vari studi mostrano come i dipendenti considerino il fatto di non essere ascoltati dai propri superiori come uno dei principali motivi di scontento sul luogo di lavoro.
Insomma, un buon leader per essere tale deve essere anche e soprattutto un great listener
Ma cosa rende un ascoltatore great? La risposta sta nell’ascolto attivo.
L’ascolto attivo si basa su un concetto fondamentale: l’empatia, vale a dire la capacità di comprendere il punto di vista del proprio interlocutore. Un ascoltatore attivo non si ferma in superficie, ma cerca di comprendere le motivazioni alla base delle parole di chi ha di fronte, facendo percepire all’altro fiducia, supporto e connessione.
La notizia positiva è che l’empatia, e quindi l’ascolto attivo, sono competenze che si possono apprendere. Come? Vediamo alcuni suggerimenti a tal proposito.
Prima di tutto, un ascoltatore attivo utilizza l’immaginazione e la curiosità, chiedendosi sempre cosa farebbe se fosse nella posizione di chi sta parlando.
Limita il suo ego ed interrompe il meno possibile, lasciando a tutti la possibilità di esprimersi.
Quando ascolta, ascolta e basta: mail, telefono e televisione sotto tutte pericolose fonti di distrazione. Un buon leader è colui che quando decide di ascoltare un’altra persona, smette quello che stava facendo un attimo prima, a prescindere da cosa si trattasse.
Conosce il linguaggio del corpo, per interpretare lo stato emotivo di chi ha di fronte .
Non rimane in silenzio per prepararsi una risposta o cercare la maniera di controbattere alla logica di chi parla. Al contrario, adotta un atteggiamento incentrato su cooperazione e costruttività: l’obiettivo non è vincere la discussione, ma fornire un aiuto. Assume quindi un’importanza capitale saper fornire feedback concreti e sinceri.
Ma soprattutto, un great listener pone domande pertinenti, magari anche un po’ provocatorie, per stimolare la riflessione e promuovere le intuizioni. Insomma, l’ascoltatore attivo funziona come un trampolino: il suo compito consiste nel far rimbalzare le idee, dando loro slancio, così da aumentare l’autostima di chi le espone.
Qualche settimana fa ho scoperto un libro molto interessante: Mindset. Cambiare forma mentis per raggiungere il successo, della Dr.ssa Carol S. Dweck.
In questo libro sono presentate due tipologie di mentalità:
La differenza tra le due mentalità è riassunta al meglio dal seguente diagramma di Nigel Holmes
Nella mentalità statica, l’intelligenza è considerata fissa ed è dovuta maggiormente al talento mentre le persone con una mentalità di crescita sono convinte di potersi migliorare attraverso la pratica e l’allenamento. Questa base di partenza fa si che le due categorie di persone si relazionano in modo diversi con determinate situazioni:
Ovviamente, le due tipologie di mentalità hanno ripercussioni su tanti aspetti delle nostre vite come l’apprendimento, come ci relazioniamo con gli altri, sulla nostra infanzia, sul nostro lavoro ma anche su che tipo di leader siamo - voglio soffermarmi proprio su quest'ultimo aspetto e provare a rispondere alla domanda come si relaziona la mentalità fissa o di crescita con la leadership?
I leader con una mentalità di crescita non hanno paura di fare domande e confrontarsi con le risposte più difficili - affrontano i problemi di petto con la fiducia che alla fine otterranno i risultati desiderati.
Questi leader sono dei leader imperfetti, che cercano sempre di migliorarsi, guidati dal loro desiderio di imparare. Di conseguenza si circondano di persone molto qualificate e non hanno paura a guardare in faccia i loro errori e mancanze.
Un esempio di leader con una forte mentalità di crescita è stato Jack Welch, CEO di General Electric tra 1981 e 2001, secondo il quale un’azienda di successo deve essere basata sull'apprendimento continuo, che agevola la comunicazione e lo scambio libero di idee: “Il desiderio e la capacità di un'organizzazione di imparare continuamente da qualsiasi fonte, ovunque - e di convertire rapidamente questo apprendimento in azione - è il suo massimo vantaggio competitivo.”
Tutti noi siamo liberi di scegliere una delle due mentalità - la mentalità fissa è la strada più facile dove non cercheremmo veramente di migliorare noi stessi ma saremmo in una perpetua corsa per dimostrare il nostro talento.
Scegliendo la via della mentalità di crescita dovremmo confrontarci e accettare le nostre imperfezioni ma nello stesso tempo ci avvieremo in una nuova avventura - quella del miglioramento continuo.